CORNERSTONES
Corners are surfaces. Constantly denied to the gaze, they are now forced to become the temporary center of a stable perceptual dynamic. They now absorb presence. Each work rests on an edge that ceases to be a silent support and becomes a visible presence, as if the frame of a cathedral were being decorated while the nave reflects on what to do.
20 young artists take charge of the walls of Temple Rome.
The discarded stone becomes the cornerstone: this is the phrase from which the title draws its motivation. The corner where the stone rests — the part on which the (theoretical, conceptual) construction of the Cathedral is based— now offers itself as an inverted keystone: not a beginning, but a culmination. The origin of the construction becomes apparent: frontality dissolves, and the image fades, forcing a peripheral role to gaze and presence.
Actions, materials, and signs succumb to the idea of foundation that questions the minimum conditions necessary to build meaning: the beginning of a narrative. A new form of centrality expands from the edges. The culture of vision is disrupted, decentralized, as if looking into the corners reveals an alternative narrative, hidden and yet conclusive.
Building on new foundations entails rejecting habit, abandoning the Cartesian coordinates as the sole model of orientation. Corners, spaces of spatial resistance, become tools to redefine the relationship between image and thought, between architecture and the cognitive act. Each presence is placed at the edges to reconfigure the grammar of vision: it is in withdrawal that the possibility of a new beginning is founded.
This is not about marginality, but about an oblique foundation, a deliberate shift of constructive tension. The cornerstone determines the resilience of the entire structure; the works gather in the corners to test the very idea of center, order, and structural principle. To look beyond the expected, to avoid linearity, to start from the place that is normally ignored.
- Fabrizio Pizzuto
Participating Artists:
Noemi Avramova, Clarissa Baratta, Lucrezia Della Balda, Mara Espinosa Erda, Parsa Foroutan, Gaye Günay, Carolina Levorin, Alisa Mattia, Owen McCullough, Ana María Mojica, Raquel Nache Lopez, Arianna Pompeo, Luka Skhirtladze, Nino Skhirtladze, Samantha Scheidler, Ramona Stoica, Leila Tanhaei, Daria Tychina, Claudia Taratufolo, Rūta Valantiejuté
With a written contribution by Fabrizio Pizzuto, Therese O’Toole and a new work by Leonardo Petrucci.
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CORNERSTONES
Gli angoli sono superfici. Costantemente negati allo sguardo, vengono ora forzati a diventare centro provvisorio di una dinamica percettiva stabile. Adesso assorbono la presenza. Ogni opera si appoggia su un margine che smette di essere sostegno silenzioso per farsi nota visibile, come se il telaio di una cattedrale venisse arredato mentre la navata principale si interroga sul da farsi.
20 giovani artisti si prendono cura delle pareti della Temple.
La pietra scartata diventa pietra d’angolo, è la frase da cui il titolo estrae la propria tensione. L’angolo in cui si poggia la pietra, ovvero la parte su cui si fonda la (teorica, concettuale) costruzione della Cattedrale si offre ora come chiave di volta invertita: non principio, ma culmine. L'origine della costruzione si pone in evidenza: la frontalità si dissolve e l'immagine si fa latente, costringendo a una pratica laterale dello sguardo e della presenza.
Azioni, materiali e segni si piegano a un'idea di fondazione che si interroga sulle condizioni minime necessarie per edificare senso: l'inizio di una narrazione. Dal bordo si propaga una nuova forma di centralità diffusa. La cultura della visione viene disturbata, decentrata, come se guardare negli angoli implicasse anche il sospetto di un'altra storia, sotterranea eppure determinante.
Costruire su nuove basi implica il rifiuto dell'abitudine, l'abbandono dell'asse cartesiano come unico modello di orientamento. Gli angoli, luoghi della resistenza spaziale, diventano strumenti per ridefinire il rapporto tra immagine e pensiero, tra architettura e atto conoscitivo. Ogni presenza si colloca ai bordi per riconfigurare la grammatica della visione: è nel ritrarsi che si fonda la possibilità di un nuovo inizio.
Non si tratta di marginalità, ma di fondazione obliqua, di uno spostamento deliberato della tensione costruttiva. La pietra minima determina la resistenza di tutto l'edificio, le opere si raccolgono negli angoli per sottoporre a verifica l'idea stessa di centro, di ordine, di principio strutturale. Guardare dove non si dovrebbe, sottrarsi alla linearità, fondare a partire da ciò che, normalmente, viene ignorato.
- Fabrizio Pizzuto
Artisti coinvolti:
Noemi Avramova, Clarissa Baratta, Lucrezia Della Balda, Mara Espinosa Erda, Parsa Foroutan, Gaye Günay, Carolina Levorin, Alisa Mattia, Owen McCullough, Ana María Mojica, Raquel Nache Lopez, Arianna Pompeo, Luka Skhirtladze, Nino Skhirtladze, Samantha Scheidler, Ramona Stoica, Leila Tanhaei, Daria Tychina, Claudia Taratufolo, Rūta Valantiejuté
Con un contributo scritto di Fabrizio Pizzuto, Therese O’Toole e un’opera inedita di Leonardo Petrucci.